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La caricatura dell'artista

  • Solas
  • 12 lug 2015
  • Tempo di lettura: 4 min

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Chi è l'artista? Il signore imponente e rispettabile a sinistra o il ragazzo con il ciuffetto spettinato e lo smalto sulle unghie a destra?

In verità i due personaggi, per quanto diversi possano sembrare, sono la stessa persona. Nel 1997, all'età di ventiquattro anni, Roberto Cuoghi ha iniziato un percorso di trasformazione che lo ha portato nel giro di pochi anni a diventare la copia esatta di suo padre. I motivi restano ancora oggi sconosciuti, definiti personali dall'artista, ma questa operazione mimetica ha dato una scossa alla realtà artistica italiana, mettendo in profonda discussione il labile confine che separa la sfera privata dall'opera dell'artista.

Roberto Cuoghi, nato nel 1973 a Modena, ha vissuto sette anni con le sembianze di suo padre, ingrassando di ottanta chili e vivendo come un sessantenne. Il suo lavoro tratta i temi del tempo , della memoria e della confusione tra apparenza e realtà, affrontando l'indagine dell'identità con una determinazione a dir poco sconvolgente.

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La simulazione e la metamorfosi sono campi che analizza durante tutto il suo percorso artistico. Alla sua prima personale "Foolish Things" del 2003 al GAMeC di Bergamo presenta lavori ironici ma allo stesso tempo poetici e malinconici, una riflessione sull'avvicendarsi della vita e della morte nell'esistenza individuale e collettiva. "Friendly Neighbourhood" (2001) è una serie di dipinti in cui esegue ritratti di Andy Warhol nei periodi meno conosciuti dal grande pubblico, di quando ancora era un ragazzino e di quando invece ormai era perso nei fumi dell'alcool e delle droghe. L'imitazione dello stile delle serigrafie di Warhol è evidente, anche se mantiene uno spessore autobiografico. Ma Cuoghi non usa solo la pittura come media espressivo. Sfrutta le potenzialità del disegno, della fotografia, dell'installazione e del video, legandosi strettamente alla cultura pop e dei mass media.

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Per la sua seconda personale, "Šuillakku" al Castello di Rivoli nel 2008, ha concentrato la sua attenzione sull'antica storia degli Assiri, particolarmente nei confronti della fine del loro colossale impero. Le città di Haran e Ninive a loro tempo furono testimoni di violenze e fughe frettolose di fronte agli invasori babilonesi: Cuoghi cerca di entrare nell'atmosfera che si respirava per le strade di quel tempo, di ascoltare gli uomini e le donne, i loro timori, i loro canti. Costruisce strumenti musicali ispirandosi a quelli assiri ma usando materiali moderni e industriali e riproduce i suoni di cui le città assire del 600 a.C. erano impregnate. Il risultato è un vociare fatto di singulti e sospiri, fischi leggeri e profondi gorgeggi, una traccia audio che vivrà nella storia per sempre. La sala in cui viene allestito l'ascolto del respiro delle antiche città è protetta da una scultura di sei metri d'altezza, "Pazuzu", il demone dei venti, uno degli spiriti più malvagi e temuti del ricco culto assiro, ma che con la sua forza riesce a tenere lontano tutti gli altri spiriti maligni. La diffusione nell'antichità della sua effige ha determinato la popolarità della divinità: una piccola scultura è ora ospite al Louvre a Parigi e l'artista ha voluto scannerizzarla con un procedimento al laser per poter realizzare il più accuratamente possibile la sua riproduzione per la mostra. Robero Cuoghi così si è appropriato delle antiche superstizioni che poi, pochi anni dopo, ha reinterpretato con una forte nota ironica. "Zoloto" (2010) è stata la sua mostra più importante. Ha messo in discussione tutte le sue opere realizzate fino ad allora, ricreando una caricatura della sua carriera.

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Dalla scelta dell'illuminotecnica alla disposizione e selezione delle opere, Cuoghi ha evidenziato lo sconforto per le interpretazioni finora lasciate libere del suo lavoro, creando una parodia dello stesso. Partendo dalla sua prima azione mimetica fino al suo interesse per le superstizioni assire, ha riscritto l'intera critica della sua arte.

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Con una serie di disegni e dipinti, ha parodiato la marca di sigari fumati durante il periodo di metamorfosi in suo padre. Con una serie di sculture ha invece ridicolizzato il demone Pazuzu, realizzandolo contorto, agonizzante e al contempo voglioso di sfuggire allo sguardo del pubblico adorante. Una serie di sue teste disarticolate vengono fuse insieme su una rete plastica. La caricatura che Cuoghi fa di sè è una critica alla relazione tra immaginazione e figurazione, tra il bello e il brutto, due realtà che entrano in contrasto fra loro, una come copia dell'altra, l'altra imitazione della prima, in un gioco mentale di ricerca di un'identità difficile da trovare.

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Presentatosi alla Biennale di venezia nel 2013, l'artista ha portato una scultura ingombrante, all'apparenza pesante e sbilanciata, ma che in verità nasconde una rivelazione essenziale: non ha nessun riferimento al mondo conosciuto e ciò crea sconforto nel fruitore, incerto se avvicinarsi a quella struttura pericolante ma al contempo così solida, simile alla natura ma aliena allo stesso tempo. Lo stato di confusione al quale mira quest'opera e il suo intero lavoro artistico, permette a Roberto Cuoghi di aprire una nuova strada di pensiero al pubblico, una via che percorre il labile confine tra vita privata e pubblica, tra arte e quotidianità.

"Il bello è quando potresti fare qualcosa che non si dovrebbe,

ma è brutto perché ti manca il coraggio."

 
 
 

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